🤔 La “sindrome dell’impostore” non mi ha mai convinto piú di tanto…
Il termine è stato coniato da Pauline Rose Clance e Suzanne Imes, psicologhe cliniche, nel 1978. Clance e Imes basarono le loro osservazioni su un campione di oltre 150 donne di successo, convinte che ciò che avevano ottenuto potesse essere ricondotto alla fortuna, o che fosse frutto di un inganno o della sopravvalutazione degli altri.
Da allora molti sono stati gli studi sul tema ed il termine sembra essere entrato nel linguaggio comune, almeno nel mio ambiente di lavoro.
Sento spesso usare questa definizione dalle donne con le quali lavoro e non nego di averla usata su di me fino a qualche anno fa…
Credo però che sia piú utile capire cosa c’é sotto l’etichetta… sentirsi occasionalmente inadeguati è comune, specialmente in ambienti ad alta prestazione o durante transizioni di carriera ed usare l’espressione “sindrome dell’impostore” potrebbe generare una etichetta dietro la quale nascondersi.
Infatti, definire “sindrome” una esperienza umana comune può, nella mia esperienza, togliere quella sana curiosità di andare a scoprire cosa che c’é sotto (o sopra) quel senso di inadeguatezza, quali standard abbiamo, quali conversazioni private abbiamo avuto nella nostra testa e quali aspettative abbiamo creato e non comunicato.
Foto di Mikhail Vasilyev su Unsplash
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